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Due navi, un attentato

7 ottobre 2002: un attentato fa incendiare una petroliera e una portacontainer nel canale di Suez. Per liberarlo ci vorranno mesi. Se non anni.
Le navi devono tornare a circumnavigare l’Africa: i tempi di navigazione si allungano, aumentano i consumi e quindi i costi.
Mentre i servizi segreti inglesi, americani e israeliani cercano il colpevole indirizzando le indagini al mondo del terrorismo islamico, le aziende di trasporto si attivano per sviluppare vie di trasporto alternative: via mare, complice anche lo scioglimento dei ghiacci, si può passare dal nord; su rotaia si cercano di sviluppare i collegamenti tra Europa e Cina. Si cerca anche di incrementare i trasporti aerei.
Ma in questa catastrofe un lato positivo c’è: le aziende che avevano trasferito le fabbriche in Estremo Oriente iniziano a riportare la produzione in Europa.
In parallelo all’affannata ricerca della verità da parte di quattro elementi dei servizi segreti, tra depistaggi, storie d’amore e discussioni, tutto infine diventerà chiaro.
E dimostrerà che le cose non sono mai come sembrano.

Non male come partenza (nelle top 20 di Amazon!) 😁😁😁

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Ex works

Quando sento un esportatore che mi dice: “io vendo EXWORKS perché non voglio avere problemi col trasporto: questa è la merce, te la vieni a prendere, mi paghi e amici come prima”, penso che potrebbe anche dire: “qui c’è il materiale da montare, vieni a prendertelo, te lo monti e amici come prima” (si,  l’Ikea lo fa… ma ne parliamo dopo)
Potrebbe dire: “qui c’è la materia prima, te la prendi, costruisci i pezzi, li monti e amici come prima”.
E possiamo andare indietro: “qui c’è la miniera. Vieni a scavare. Prendi la materia prima, te la porti a casa, costruisci i pezzi, li monti…”
Insomma, si tratta di decidere se vedere il trasporto, il montaggio, la costruzione, la produzione come un problema o come un’opportunità.
Il rovescio della medaglia è dire: non solo la produco, ma la distribuisco portandola dove vuoi, ti do l’assistenza per la manutenzione, ti garantisco i controlli…
Vediamo il mercato delle auto: al giorno d’oggi le case automobilistiche non solo costruiscono, ma consegnano, includono i tagliandi, le revisioni, addirittura i cambi delle gomme invernali, l’assicurazione… insomma tutti servizi aggiuntivi che permettono di valorizzare il proprio prodotto.
Ecco perché chi produce avrebbe più interesse a vendere CIF (includendo trasporto e assicurazione) anziché EX WORKS.
Paolo Federici
(Ikea vende sì il prodotto da montare, ma del trasporto fino ai punti di distribuzione si interessa lei. Dei magazzini di stoccaggio si interessa lei. Dell’assicurazione si interessa lei. E comunque se vuoi anche il montaggio… lo fa, eccome!)
(E non venitemi a dire che vendere EXWORKS semplifica la vita all’esportatore. Se hai 100 clienti ed ognuno di loro ha un diverso spedizioniere, tu che sei esportatore devi avere a che fare con 100 diversi spedizionieri per i quali sei un emerito signor nessuno. Se agli stessi clienti vendessi CIF avresti a che fare solo con uno o due spedizionieri di tua fiducia pronti ad aiutarti a risolvere qualsiasi problema. Secondo me aver a che fare con due spedizionieri rende le cose più facili che non aver a che fare con cento spedizionieri, ma magari mi sbaglio!)
(Ed infine, se vendi CIF affidi il trasporto ad uno spedizioniere italiano che quindi lavora e paga le tasse in Italia. Se vendi EXWORKS, sarà il compratore ad affidare il trasporto ad uno spedizioniere del suo Paese, quindi a beneficiarne sarà l’economia del suo Paese.)

Paolo Federici

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Oggi va così…

dopo 47 anni di gestione delle spedizioni… mi ritrovo a dover partecipare ad un gioco oggi in voga: chi fa meno, vince.
Per acquisire un trasporto… bisogna fare un preventivo che sia inferiore a tutti gli altri.
Beh… bisognerebbe.
Perché da un po’ ho rinunciato a questo gioco.
Regola numero uno: il cliente ha diritto a tre preventivi gratuiti. Se ne vuole altri, me li paga.
Regola numero due: il mio prezzo è il mio prezzo. Se altri fanno di meno, quello è il loro prezzo. Se chiedi a me di fare il loro prezzo…sarebbe come che io chiedessi a te di darmi da trasportare la merce di un altro. Non c’entra niente. Infatti.
Regola numero tre: la qualità si paga. Dopo 47 anni presuntuosamente ritengo di offrire qualcosa di più… per cui se chiedo qualcosa di più (a livello di prezzo), il cliente non dovrebbe aversene a male.
Regola numero quattro: il cliente che mi sceglie per il prezzo basso, mi lascerà non appena troverà un prezzo inferiore. Questo tipo di cliente non mi interessa.
Regola numero cinque: questo elenco farà arrabbiare chi pensa di aver ragione nel continuare a cercare il prezzo più basso. Vale lo stesso finale della regola numero quattro.
Regola numero sei: il lavoro deve darmi soddisfazione. Anche perché lavorare per somme irrisorie fa male alla salute.
Regola numero sette: non posso gestire tutti i trasporti che mi vengono richiesti. Per cui posso permettermi di scegliere. Ed ovviamente scelgo i clienti migliori (che sono quelli che scelgono di affidarsi alla mia azienda senza accanirsi a volermi far ridurre i prezzi!)
Paolo Federici

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Il golfo di Aden

Centocinquanta giorni fa si svolgeva, nel Golfo di Aden, un’esercitazione anti-pirateria.
Una nave civile (la motonave Jolly Cristallo, della Compagnia di navigazione Ignazio Messina)) ed una nave militare (la fregata Fasan, della Marina Militare Italiana).
Dal sito web della MM:
L’esercitazione si è svolta in uno scenario operativo estremamente realistico, simulando un tentativo di abbordaggio nei confronti della motonave Jolly Cristallo che, durante la navigazione verso Jeddah (Arabia Saudita), ha simulato di avvistare un gruppo di sospetti pirati a bordo di un’imbarcazione tipica detta “skiff”. Nave Fasan ha rapidamente raggiunto il mercantile e assunto la responsabilità di On Scene Commander (OSC) al fine di mettere in sicurezza l’equipaggio della motonave inserendo gli operatori del Boarding Team con la tecnica fast rope tramite l’elicottero organico SH101-A.
Quella che poteva essere un’ipotesi si è trasformata in realtà nell’ultimo mese.
Le maggiori Compagnie di Navigazione hanno immediatamente annunciato lo stop al transito nel golfo di Aden, e quindi il passaggio attraverso Suez, e le loro navi hanno iniziato a circumnavigare l’Africa rendendo necessario un aumento dei noli marittimi.
Intanto navi militari da moltissimi Paesi del mondo hanno fatto rotta verso l’area in questione.
Così adesso le navi hanno ripreso a transitare per Suez.
In compenso è rimasto l’aumento dei noli.
Paolo Federici

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Il caos prossimo venturo

come sa chi legge i miei articoli, mi occupo di trasporti internazionali.
Ecco alcune notiziole: da un giorno all’altro i noli in import dalla Cina (per i containers trasportati con le navi) sono aumentati di cinque volte!
Lo scalo di Jeddah (in Arabia Saudita) è stato sospeso, perché nel Golfo di Aden… sono tornati i pirati.
Le maggiori Compagnie di Navigazione stanno decidendo di circumnavigare l’Africa.
(Qualche nave, dopo aver subito attacchi missilistici, ha immediatamente cambiato rotta!)
(Stiamo ricevendo comunicazioni a getto continuo in merito a modifiche delle date di arrivo: navi provenienti dall’Oceano Indiano che fino a ieri erano date in previsione di arrivo entro fine anno – via Suez – arriveranno dopo il 20 gennaio – dopo aver doppiato Capo di Buona Speranza!)
La via della seta è stata chiusa.
In transito in Russia (ormai da mesi!) non è più possibile.
Trasportare merce dall’Italia all’Iran è praticamente impossibile (anche i permessi per i camion dal primo gennaio non verranno più rinnovati).
Il problema si estende alle navi in servizio per tutto il Golfo Persico.
Il caos regna sovrano.
La prima notizia del telegiornale è la diatriba Meloni-Ferragni.
Non ce la potremo mai fare.
Paolo Federici

1 Commento

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Non facciamo nomi.

Ogni riferimento a fatti o persone è puramente casuale.

C’era una volta la professionalità.

Un’azienda cinese ha avuto una brillante idea: per vendere i suoi prodotti, risparmiando sui costi di trasporto marittimo, ha realizzato dei containers speciali, rinforzati, così da poterci caricare più merce.

Peseranno (incluso la tara del container) 36 tonnellate. Normalmente i containers standard (20′ box) hanno una portata fino a 26/27 tons che, aggiunta alla tara (2/3 tons) raggiunge un lordo al di sotto delle 30 tons.Il codice della strada prevede che il peso massimo (camion più carico) non debba superare le 44 tonnellate, quindi con un camion (motrice più rimorchio) che pesa indicativamente 12 tonnellate, se ci mettiamo sopra un container che ne pesa 30… siamo nei paramentri concessi. Se invece ci mettiamo sopra un container che ne pesa 36, aggiungendo le 12 del camion, superiamo abbondantemente le 44. E allora? Nessun problema, si fanno i permessi stradali per utilizzare camion speciali con una portata superiore. Fine della prima parte.

Esaminiamo un altro tipo di trasporto: quello della merce pericolosa. Basta rispettare le norme IMO ed il trasporto via mare è possibile. E quando la merce, caricata in container, arriva al porto e va consegnata al magazzino del ricevitore? Nessun problema, ci vuole un camion con le autorizzazioni al trasporto di merce pericolosa e l’autista deve avere il patentino. Fine della seconda parte.

Ma allora di cosa stiamo parlando? Del problema che nasce quando le due esigenze si sommano. Se ho un container che pesa 36 tons (quindi fuori portata) e la merce caricata nel container è merce pericolosa (nei containers ci sono batterie al litio, e come tali sono considerate merci pericolose), il trasporto non si può fare.

Come diceva Don Rodrigo: questo trasporto non s’ha da fare, ne ora ne mai!

Soluzioni ne abbiamo?

Bisognava pensarci prima, evitando di realizzare containers così pesanti, oppure evitando di caricarci merce pericolosa. E adesso?

Ci sono quasi duemila containers da caricare con più di 70.000 tonnellate di batterie al litio (valore della commessa circa 1 miliardo di euro!) che sono stati ordinati e dovranno arrivare, via mare, dalla Cina e nessuno è in grado di gestirli all’arrivo in Italia.

No, non è possibile scaricare parte della merce dal container per ridurre il peso.

No, non esistono camion “leggeri” che pesino meno di 8 tonnellate.

No, non è possibile trovare camion speciali che abbiano sia i permessi per l’extra peso che le autorizzazioni per la merce pericolosa.

No, non è possibile farli viaggiare via treno, perché comunque resterebbe sempre scoperta la tratta finale (dalla stazione ferroviaria più vicina all’indirizzo dello stabilimento)

No, non è possibile fare la furbata di trasportarli di notte sperando che nessuno controlli: magari qualche volta può andare bene… ma non all’infinito: prima o poi la polizia fermerà un camion e saranno guai.

L’azienda italiana ha firmato un contratto per circa 1 miliardo di euro e adesso aspetta di ricevere quei duemila containers e l’azienda cinese sta già costruendo i duemila containers “speciali”.

Cosa sta succedendo? Un paio di containers (per un test!) sono già sbarcati e sono fermi in dogana, al porto, in attesa (di cosa, non si sa).

Ai posteri…

Paolo Federici

p.s.: i due containers sono usciti… dichiarando che sono stati utilizzati dei camion “leggeri” (quei favolosi camion inesistenti). Insomma una cosa è certa: il trasporto è stato fatto ma non si sa come.

pp.ss.: per i futuri arrivi è stato coinvolto il Ministero dei Trasporti in attesa di una qualche deroga speciale che (molto probabilmente) non sarà mai concessa.

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Breakbulk Rotterdam 2023

diamo i numeri: in 3 giorni di fiera, a Rotterdam, abbiamo contato più di 600 espositori (compagnie di navigazione, spedizionieri, trasportatori, assicuratori e tutto il corollario di aziende del settore).
C’eravamo anche noi: anche il mondo dell’informazione era presente a testimoniare la grandezza dell’evento.
I visitatori iscritti alla fiera sono stati quasi diecimila (e, considerando che per entrare bisognava pagare un biglietto piuttosto salato, significa che solo chi era veramente interessato ha investito… almeno nel costo dell’ingresso e non solo: ovviamente andava considerato volo e albergo).
I visitatori sono arrivati da 120 Paesi.
A dimostrazione che il trasporto (ed in modo particolare il trasporto marittimo) interessa tutto il mondo.
Che poi gli artefici del breakbulk si sentano superiori ai colleghi che gestiscono containers… è ormai acclarato.
Ma volete mettere la soddisfazione nel gestire il trasporto di un macchinario che ha misure fuori da ogni regola e pesi assurdamente alti, rispetto alla semplicità intrinseca nello spostare uno scatolone di metallo…
Insomma, per gli amanti dell’arte del trasporto con le navi, la fiera del breakbulk di Rotterdam è davvero un evento al quale vale la pena partecipare.
Si ritrovano amici, colleghi, persone con le quali magari ci si sente spesso al telefono, ma un incontro di persona, davanti ad una birra, è certamente meglio.
In fondo non di solo pane vive l’uomo: anche di una buona birra e del fascino del mare.
La vera novità comunque è stata la presenza femminile, decisamente in crescita.
E gli uomini cominciano a sentire il fiato sul collo.
L’appuntamento per l’anno prossimo è già preso: la fiera si terrà dal 21 al 23 maggio 2024.
Ma bisognerà pensare ad un allargamento dello spazio fieristico perché il settore è uno di quelli decisamente in crescita.
Paolo Federici

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The Container Port Performance Index 2022

fonte:
The World Bank, 2023. “The Container Port Performance Index 2022: A Comparable Assessment of Performance based on Vessel Time in Port (Fine).”
World Bank, Washington, DC. License: Creative Commons Attribution CC BY 3.0 IGO.

è stato pubblicato uno studio sui porti del mondo (seppur ristretto al traffico container) ed ho potuto notare alcune peculiarità:

i primi porti del mondo sono quelli che controllano traffici soprattutto di TRASBORDO.
E tra i primi dieci… due sono nel mediterraneo: uno è TANGERI (al quarto posto) e l’altro è PORT SAID (al decimo posto). Per trovare il primo porto italiano (GIOIA TAURO) bisogna scendere al 123° posto.
I concorrenziali porti del Nord Europa si posizionano: ANVERSA al 66° posto, ROTTERDAM al 265° ed AMBURGO al 328°.
La prima considerazione (che balza all’occhio) è che con una idonea politica portuale GIOIA TAURO potrebbe salire ai piani alti della classifica.

Gli altri principali porti si classificano così: SAVONA-VADO (68), VENEZIA (246), NAPOLI (270), LIVORNO (319), GENOVA (316), LA SPEZIA (332) e TRIESTE (339)
Chi ha stilato la classifica ha riunito SAVONA e VADO… e questo ha fatto sì che GENOVA risulti in discesa, ma sappiamo tutti che VADO LIGURE è comunque parte del nuovo porto di GENOVA, quindi la classifica andrebbe rielaborata a dovere.
Resta il fatto che non esistono grosse differenze tra VENEZIA, ROTTERDAM e NAPOLI (sono tutti tre nel range 246-270) così come non esistono grosse differenze tra ANVERSA e SAVONA-VADO (66 a 68).

Comunque, ecco l’elenco dei primi 100 porti del mondo (ripeto: limitatamente ai traffici CONTAINERS):

Yangshan 1
Salalah 2
Khalifa Port 3
Tanger-Mediterranean 4
Cartagena (Colombia) 5
Tanjung Pelepas 6
Ningbo 7
Hamad Port 8
Guangzhou 9
Port Said 10
Hong Kong 11
Cai Mep 12
Shekou 13
Mawan 14
Yokohama 15
Algeciras 16
King Abdullah Port 17
Singapore 18
Posorja 19
Tianjin 20
Buenaventura 21
Busan 22
Yeosu 23
Chiwan 24
Kaohsiung 25
Djibouti 26
Laem Chabang 27
Colombo 28
Jeddah 29
Pipavav 30
Dammam 31
Coronel 32
Xiamen 33
Barcelona 34
Callao 35
Port Klang 36
Incheon 37
Jebel Ali 38
Fuzhou 39
Marsaxlokk 40
Yarimca 41
Dalian 42
Lazaro Cardenas 43
Wilmington (USA-N Carolina) 44
Kobe 45
Nagoya 46
Shimizu 47
Mundra 48
Sohar 49
Rio Grande (Brazil) 50
Piraeus 51
Port Of Virginia 52
Yantian 53
Tokyo 54
Altamira 55
Haifa 56
Ambarli 57
Jubail 58
Aqaba 59
Bremerhaven 60
Itapoa 61
Zeebrugge 62
Da Chan Bay Terminal One 63
Krishnapatnam 64
Zhoushan 65
Antwerp 66
Rio De Janeiro 67
Savona-Vado 68
Boston (USA) 69
Keelung 70
Santa Cruz De Tenerife 71
Paranagua 72
Khalifa Bin Salman 73
Siam Seaport 74
Diliskelesi 75
Balboa 76
Shantou 77
Kattupalli 78
Port Name Overall
Ranking
Kamarajar 79
Osaka 80
Colon 81
Jacksonville 82
Lianyungang 83
Karachi 84
Hazira 85
Jawaharlal Nehru Port 86
Puerto Limon 87
Cochin 88
Port Everglades 89
Muhammad Bin Qasim 90
Johor 91
Penang 92
Aarhus 93
Puerto Cortes 94
Fort-De-France 95
Pointe-A-Pitre 96
Tanjung Perak 97
Philadelphia 98
Veracruz 99
Nemrut Bay 100

Per saperne di più lo studio è scaricabile dal web:
https://openknowledge.worldbank.org/bitstreams/ab844ded-37da-4ac3-879d-24726434c37b/download

buon divertimento
Paolo Federici

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il reshoring

Il futuro del Project Cargo in Italia.
Sono molte le aziende italiane specializzate nella costruzione di trasformatori, caldaie, scambiatori di calore, presse… insomma tutta quella serie di prodotti che hanno pesi notevoli e quindi necessitano di trasporti molto speciali.
Prendiamo, ad esempio, un pezzo che pesa 200 tonnellate.
Se il produttore è in Lombardia e deve esportarlo in uno qualunque dei (circa) 200 Stati del Mondo c’è una sola modalità di trasporto: il via mare.
(una volta c’era anche un aereo con una tale capacità di carico ma era Ucraino ed è stato distrutto dai Russi… recentemente).
Però per caricarlo su una nave idonea, bisogna fare in modo che quel pezzo arrivi in porto.
Scordatevi Genova ed un qualsiasi porto dell’area ligure-tirrenica.
L’unica possibilità è imbarcare da Marghera.
E come ci arriviamo a Marghera?
Ormai da qualche anno non è più possibile andare via strada: bisogna utilizzare la via fluviale che da Mantova arriva fino a Marghera.
Questo cosa comporta?
Che il costo del trasporto (terrestre) si triplica.
Quindi l’azienda italiana si trova ad avere bisogno di aumentare i prezzi di vendita dei suoi prodotti, perdendo competitivtà sul mercato mondiale.
(Certo, pensare di rinforzare ponti e strade non è una soluzione che si può ottenere in breve tempo e la politica difficilmente pensa in grande e sul lungo termine!)
Se il produttore è in centro Italia il problema si complica perché oltre a non esserci strade idonee, non ci sono nemmeno vie fluviali.
E allora?
Possiamo usare degli specialissimi vagoni ferroviari (per coprire la tratta terrestre ed arrivare al porto più vicino): ma la disponiblità è ridottissima.
Ed il costo?
Rispetto al potenziale costo camionistico siamo alle quattro, cinque volte in più (per essere chiari: se un camion costa 50, il treno costa 300).
Anche in questo caso, in passato si poteva andare via strada.
Oggi non più.
Ed anche in questo caso viene da domandarsi: ma lo Stato che pone solo divieti, senza dare alternative, si rende conto dei danni che fa all’economia?
Se un ponte va rinforzato, rinforzatelo!
Dire semplicemente “da qui non si può transitare”, non è una risposta seria.
Insomma, l’inventiva italiana non si arrende e cerca sempre nuove soluzioni (in un caso è sfruttare il fiume, in un altro utilizzare la ferrovia…).
Però queste “nuove” soluzioni hanno un impatto economico non da poco (e questo, come già detto, incide sulla competitivà dell’azienda italiana) ma hanno anche un limite a livello di tempo (se la merce è pronta oggi, ma il vagone ferroviario speciale sarà disponibile fra dieci mesi… è chiaro che questo ritardo è penalizzante alquanto).
Ultimamente si sta parlando del “reshoring” (la scelta di riportare in Italia le proprie attività produttive, precedentemente spostate all’estero – magari in India o in Cina – quindi il contrario di delocalizzazione).
La domanda è: siamo sicuri che (almeno per questo particolarissimo settore) la cosa sia ipotizzabile?
La politica dovrebbe dare delle garanzie: assicurare che i ponti saranno rinforzati, i trasporti terrestri resi nuovamente possibili, la strade sistemate in maniera idonea… altrimenti le aziende si ritroveranno imbottigliate e con problemi più grandi di quelli che avevano quando decisero di delocalizzare.
Sempre che non ci si attivi per una terza via (oltre la soluzione fluviale e quella ferroviaria): spostare le fabbriche nei porti, o comunque in prossimità dei porti.
Già ci sono aziende che operano nelle aree retroportuali di Trieste e di Marghera ma anche, ad esempio, di Marina di Carrara.
La creatività italiana, ben più lungimirante della politica, è già all’opera.
Paolo Federici

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Lo scaricabarile

uno degli sport più praticati in Italia è lo scaricabarile: se qualcosa non funziona è sempre colpa di qualcun altro.
Nel mondo dei trasporti “speciali” ci sono regole ferree a cui attenersi per circolare sulle strade.
Se un’azienda produce un macchinario che pesa 200 tonnellate, ci vuole un camion idoneo (magari un carrello a 24 o 36 assi, che può raggiungere anche la lunghezza di 100 metri)
Se poi quel macchinario fosse largo 6 metri ed alto 5… insomma, avete presente quelli che a volte incontrate di notte (questi trasporti vengono fatti sempre e solo di notte) deve ottenere i permessi speciali dalle autorità stradali, non solo per il peso ma anche per le misure!
In Italia ogni singola regione, provincia, paese, ente autostradale… ha le sue autorità delegate al rilascio dei permessi, quindi per portare un collo da Milano a Marghera (per poi essere imbarcato su una qualche nave per raggiungere un qualsivoglia Stato estero) ci vogliono svariate autorizzazioni.
Basta che un solo sindaco si metta di traverso ed il trasporto non si può più fare.
La sindrome del nimby (not in my backyard: non sul mio territorio!) sta sempre più prendendo piede anche nel mondo del trasporto degli eccezionali.
Certo, le strade per andare da Milano a Marghera sono molteplici e se un sindaco blocca una strada, si può provare a passare da un’altra.
Ma se anche l’altro vieta il transito?
Ah beh, certo… si può tentare una terza opzione.
Solo che il terzo si chiederà: ma perché devono passare proprio di qui?
E così, come nel famoso libro di Agatha Christie, alla fine non ne rimane nessuno.
Gli addetti ai lavori (gli esperti di trasporti eccezionali) si sono industriati: negli ultimi anni è sempre più la merce che viaggia… via fiume: si caricano quegli enormi macchinari su una chiatta, a Mantova, e si scende, lungo il fiume, fino a Marghera.
No, tranquilli: anche se il Po è quasi in secca, il canale navigabile (il canal bianco) che ne affianca il percorso, per ora è ancora navigabile.
Ma, intanto, a Mantova bisogna comunque arrivarci.
E poi un trasporto fluviale costa mediamente il doppio rispetto ad un trasporto interamente via camion (anche solo il costo delle gru per trasferire la merce dal camion alla chiatta a Mantova e per scaricarla dalla chiatta alla banchina nel porto di Marghera… ha una sua importanza economica.)
Il rilascio dei permessi comporta poi un tempo di attesa spesso inaccettabile: il 14 febbraio abbiamo chiesto un permesso per trasferire un trasformatore di 115 tonnellate da Marghera a Brescia ed oggi (5 aprile, quindi quasi due mesi dopo!) finalmente abbiamo avuto l’autorizzazione.
Diciamo che siamo stati fortunati: la nave che sta portando in Italia questo pezzo avrebbe dovuto arrivare a Marghera il 20 marzo.
Invece arriverà verso la metà di aprile.
E meno male: se fosse arrivata per tempo, avremmo dovuto lasciare il pezzo in banchina a Marghera in attesa dei permessi, pagando il “parcheggio” (la sosta sull’area portuale) per svariate migliaia di euro.
Ma non si può confidare sempre sulla fortuna.
Ne volete sapere un’altra: a discrezione delle autorità può esserci richiesta una perizia su un qualche ponte per attestarne la solidità.
Magari un ponte che è già stato periziato da altri la settimana scorsa, ma che importa?
Ogni pratica deve avere la sua bella perizia: ed io pago!
Uno si aspetterebbe un aiuto dalle autorità preposte: in fondo stiamo facendo sì che prodotti italiani di qualità vengano “costruiti” in Italia e venduti in tutto il mondo.
Sarebbe facile trasferire la produzione in qualche Paese estero dove tali aziende verrebbero accolte a braccia aperte, ma poi chi glielo spiega ai sindacati che la chiusura di certe aziende e la riduzione dei posti di lavoro è colpa del classico gatto che si morde la coda?
(Ah, quel trasformatore che sta arrivando a Marghera è un prodotto “made in Italy” che rientra per una revisione ed un controllo! Quindi non solo certi prodotti sono costruiti in Italia, ma vengono anche riparati, revisionati, collaudati sempre e solo in Italia. Fra sei mesi dovremo rispedirlo. Sperando che il permesso che abbiamo ottenuto per portarlo da Marghera a Brescia venga riconfermato, fra sei mesi, quando dovremo riportarlo da Brescia a Marghera. Ma questo oggi non lo possiamo dare per certo!)
Ecco, per concludere: noi vorremmo poter dormire la notte ed avere certezze.
Non essere lasciati, per ogni singolo trasporto, in balia del detentore del “potere” di turno che può decidere, a suo insindacabile giudizio, se possiamo transitare lungo le strade dell’Italia, oppure sentirci dire, come Don Abbondio: “questo trasporto non s’ha da fare, né ora né mai”.
Ovviamente poi ci sono quelli che viaggiano tranquillamente senza permessi, tanto nessuno controlla.
Ma questo è un altro discorso.
Paolo Federici.

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